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Arte

Cultura, musica e letteratura nella Vienna 1900

Le opere di Mahler, Schönberg, Schnitzler e Hofmannsthal nella Vienna della Belle Époque

Introduzione

Klimt Bacio
Gustav Klimt: Il bacio (1907-08) Da notare gli elementi rettangolari sul vestito dell’uomo e quelli tondi su quello della donna.

La vita culturale della Vienna fin de siècle era caratterizzata da una commistione delle arti e talvolta abbracciava campi apparentemente lontani, come abbiamo visto a proposito di medicina, architettura e scienza. Così era comune che l’anatomista Emil Zuckerkandl (il marito della famosa salonnière Berta Zuckerkandl) desse a Gustav Klimt spiegazioni sui dettagli del corpo umano e della riproduzione, in modo che l’artista potesse utilizzarli in molti dei suoi quadri. Il musicista Arnold Schönberg prendeva lezioni di pittura da Richard Gerstl e più tardi avrebbe esposto con il gruppo Der blaue Reiter. Gustav Mahler si rivolgeva agli artisti della Secessione per allestire le scenografie delle opere che dirigeva all’opera di corte e il pittore espressionista Oskar Kokoschka, oltre a dipingere ritratti di una notevole profondità interiore come già visto in un articolo a lui dedicato [1], era attivo anche come drammaturgo. Il poeta Hugo von Hofmannsthal non scriveva soltanto libretti per opere ma nella sua produzione letteraria entrarono anche le teorie psicoanalitiche del momento come gli scritti di Freud e Breuer sull’isteria e su altre malattie psicologiche. La Vienna di quel periodo avrebbe aperto la strada all’esperienza artistica sinestesica facendo pian piano sparire i confini tradizionali tra le varie discipline.

La musica viennese – Da Mahler a Schönberg

Ritratto del compositore Gustav Mahler
Gustav Mahler (1860 – 1911)

Gustav Mahler (1860 – 1911) fu probabilmente uno dei compositori e direttori d’orchestra più importanti del Novecento. Come molti connazionali dell’impero multietnico, il cosiddetto Vielvölkerstaat, proveniva dalla Boemia ed era di origine ebraica. Ebbe un’infanzia difficile con un padre violento, adombrata dalla morte di diversi fratelli. Era il classico bambino prodigio alla Mozart, a quattro anni suonava già il pianoforte e le sue prime composizioni risalgono all’età di 6 anni quando dava anche già lezioni di pianoforte. Nonostante la situazione familiare riuscì a frequentare il conservatorio di Vienna dall’età di 15 anni dove aveva come maestro Julius Epstein. All’età di soli 37 anni era riuscito ad occupare la posizione musicale più importante dell’Impero austriaco, quella di direttore dell’opera di corte.

La locandina della prima opera diretta da Mahler
La locandina della prima opera diretta da Mahler a Vienna nel 1897, il Lohengrin di Richard Wagner

Nel 1897 Mahler debuttò con il Lohengrin di Richard Wagner e rimase alla guida della prestigiosa opera fino al 1907. Il compositore viene meritatamente ricordato anche come un importante riformatore dell’opera. Per lui l’opera costituiva un Gesamtkunstwerk (un opera d’arte totale) e per allestire la parte visiva della scenografia collaborava con importanti artisti della Secessione, ad esempio Alfred Roller.  L’obiettivo era un’esperienza sinestesica, un’unità armoniosa della rappresentazione musicale e scenica. Mahler era infatti molto amico di diversi artisti della Secessione e anche dei musicisti contemporanei Schönberg, von Zemlinsky e Berg.

Per ottenere l’unità musicale e scenografica venivano chiamati gli artisti ad allestire le scene di importanti opere come Tristan und Isolde che rimasero nella memoria degli spettatori come qualcosa di particolarmente suggestivo. La cura per i dettagli scenografici delle opere può essere paragonata ai nuovi metodi di presentazione che gli artisti della Secessione utilizzarono per mettere in mostra le loro opere. Nel padiglione della Secessione per ogni esposizione fu creato un ambiente unitario come quello per la mostra dedicata a Beethoven nel 1902 che fu allestita da Hoffmann con il Fregio di Beethoven di Gustav Klimt e il monumento di Max Klinger. Nel 1903 ebbe luogo invece una mostra su Vincent Van Gogh, a cui abbiamo dedicato un post sulle lettere a Theo, e la Secessione acquistò anche un suo quadro.

Nel 1906 Mahler voleva mettere in scena la Salome (op. 54) di Richard Strauss, ma il libretto non era riuscito a passare la censura in quanto offensivo nei confronti della moralità. Il censore di corte scrisse a Mahler: “La rappresentazione di atti che appartengono al campo della patologia sessuale non è adatta per la nostra opera di corte”[2]. La prima austriaca della Salome non poté quindi svolgersi a Vienna e molto probabilmente, oltre alle accuse di contenuti sesso-patologici, giocarono un ruolo anche il crescente antisemitismo di quell’epoca e i modi bruschi di Mahler nei confronti dei suoi sottoposti. Alla fine la mancata rappresentazione della Salomé avrebbe segnato il termine del suo periodo all’opera di corte.

L’opera di Graz, aperta pochi anni prima, non ebbe invece scrupoli a mettere in scena il pezzo dello scandalo e colse la grande occasione al volo. Il 16 maggio del 1906 andò in scena l’opera sul soggetto di Oscar Wilde diretta dal suo compositore Richard Strauss e grazie ai tanti illustri ospiti come Gustav Mahler, Giacomo Puccini, Arnold Schönberg, Alban Berg e Alexander von Zemlinsky la città provinciale per una sola giornata divenne una metropoli. Quel memorabile evento viene anche citato nel Doctor Faustus (1943) di Thomas Mann, quando il protagonista Adrian Leverkühn si reca a Graz per rivedere l’opera che aveva già visto a Dresda con il suo maestro Kretschmar.[3]

Ritratto di Arnold Schönberg
Egon Schiele: Ritratto di Arnold Schönberg (1917)

Il romanzo di Mann peraltro aveva dato origine ad un altro scandalo, una controversia tra Arnold Schönberg e lo scrittore quando ormai entrambi si erano trasferiti negli Stati Uniti. Mann non era assolutamente un esperto di musica (il suo consulente in quell’ambito fu Theodor W. Adorno) e Schönberg non gli perdonava che nel romanzo la dodecafonia venisse presentata come un’invenzione di Adrian Leverkühn. Mann avrebbe successivamente rimediato allo sgarbo nella Genesi del Doctor Faustus attribuendo la proprietà intellettuale della dodecafonia al compositore e teorico contemporaneo Schönberg.[4]

Dopo la totale mancanza di saluti ufficiali, ma con un saluto molto caloroso alla stazione di Vienna in presenza di tanti artisti e musicisti (Schönberg, Berg, von Webern, Roller, Moll, Klimt, Walter), Gustav Mahler proseguì la sua carriera musicale a New York dove fu sotto contratto alla Metropolitan Opera a partire dai primi mesi del 1908. Come figlio della sua epoca non frequentò soltanto gli artisti della Secessione ma fu anche in cura da Sigmund Freud. Nel 1910 interpellò il psicoanalista per problemi matrimoniali con sua moglie, la femme fatale Alma Mahler-Werfel.

Sposa del vento di Kokoschka
Oskar Kokoschka: “La sposa del vento” raffigurante l’artista e Alma Mahler (1914)

Quest’ultima è entrata nella storia anche come vedova delle quattro arti: dopo Gustav Mahler (musica), Walter Gropius (architettura) e Oskar Kokoschka (pittura) non poteva mancare la letteratura: l’ultimo marito di Alma fu infatti il poeta praghese Franz Werfel. Nonostante che sia il primo che il terzo marito fossero di origine ebraica e che con Werfel avesse dovuto fuggire dal regime nazista negli Stati Uniti, Alma rimase antisemita per tutta la sua vita. A parte sposare uomini illustri e farne una specie di collezione (che le portò anche molti vantaggi economici dopo la morte dei famosi mariti) non aveva poi combinato molto nella sua vita e al contrario di molte contemporanee non si era nemmeno mai impegnata per i diritti delle donne.

Arnold Schönberg (1874 – 1951) fu un compositore e teorico musicale viennese dell’epoca, famoso soprattutto per aver teorizzato la dodecafonia che si basa su una serie (o sequenza) di 12 suoni. Come molti contemporanei anche lui aveva origini ebraiche ed emigrò negli Stati Uniti nel 1933. La sua carriera musicale al contrario di quella di Mahler non fu assolutamente convenzionale. Aveva abbandonato la scuola nel 1890 e dopo la morte di suo padre dovette mantenere la famiglia lavorando come impiegato di banca. Nel tempo libero frequentava l’opera, appassionandosi soprattutto a Richard Wagner. Il compositore Alexander von Zemlinsky scoprì il talento di Schönberg e gli diede le prime lezioni. Per il resto Schönberg si era formato come autodidatta ascoltando e studiando soprattutto Brahms, Wagner, Mahler, Bach e Mozart.

Ritratto di Arnold Schoenberg
Richard Gerstl: Ritratto di Arnold Schönberg (1905)

Dopo i primi successi musicali abbandonò il lavoro in banca e sposò la sorella del suo maestro, Mathilde von Zemlinsky. Il pittore espressionista Richard Gerstl (1883 – 1908), che ebbe una relazione tormentosa con Mathilde, dipinse diversi ritratti della famiglia Schönberg e diede lezioni di pittura ad Arnold. Il rapporto tra i due tuttavia si incrinò quando il compositore colse la moglie in flagranti con il giovane ritrattista. Gerstl in seguito si sarebbe suicidato all’età di soli 25 anni e avrebbe distrutto anche molte delle sue opere.

Schönberg fondò la seconda scuola di Vienna, la scuola atonale i cui esponenti più importanti furono, oltre a egli stesso, i suoi allievi Anton Webern (1883 – 1945) e Alban Berg (1895 – 1935). Accanto alla musica fu appunto molto appassionato di arte e amico stretto dell’architetto Adolf Loos. Schönberg era stato ritratto da Egon Schiele e Richard Gerstl mentre egli stesso aveva dipinto i ritratti di Alban Berg e quello del funerale di Gustav Mahler. Successivamente avrebbe avuto contatti con Kandinskij e collaborato al manifesto del gruppo Der blaue Reiter.

I caffè e i saloni letterari

La Vienna fin de siècle era anche considerata la capitale dell’Estetismo e della Décadence. Importanti rappresentati della letteratura come esperimento estetico di se stessa furono Hugo von Hofmannsthal, Richard Beer-Hofmann (1866 – 1945), Arthur Schnitzler (1862 – 1931) e Hermann Bahr (1863 – 1934). Spesso si radunavano nei caffè e siccome all’epoca a Vienna ve ne erano molti fu coniato il termine di Kaffeehausliteratur (letteratura dei caffè) che non era assolutamente inteso in senso spregiativo. Molti intellettuali dell’epoca vivevano come Bohémiens e passavano ore e ore nei caffè per scrivere e intrattenersi.

Hermann Bahr fondò il gruppo Jung-Wien nel caffè Griensteidl di cui facevano parte lo stesso Bahr, Hofmannsthal, Schnitzler e Peter Altenberg (1859 – 1919). Quest’ultimo si faceva persino mandare la posta al caffè e oggi lo ricorda una statua al caffè Central, il nuovo luogo di ritrovo dei letterati dopo la chiusura del caffè Griensteidl. Talvolta essi si incontravano anche nel Caffè museo, i cui arredi (ovviamente austeri) erano stati disegnati da Adolf Loos. Altri importanti luoghi di incontro erano i saloni di diverse persone private dell’alta società.

Nel salone della scrittrice e giornalista Berta Zuckerkandl si incontrava la Vienna artistica, letteraria, musicale e psicoanalitica che vi respirava un’aria liberale. Fu il luogo in cui Gustav Mahler conobbe sua moglie Alma e dove Klimt si faceva spiegare le basi scientifiche della riproduzione e l’anatomia umana dal marito di Berta, l’anatomista Emil Zuckerkandl. Grazie a lui Klimt si era avvicinato al pensiero di Darwin e aveva conosciuto le teorie di Carl von Rokitansky, medico e fondatore della Seconda Scuola Viennese. Alla precisione anatomica dell’artista avevano contribuito le visite a Zuckerkandl mentre quest’ultimo sezionava i cadaveri all’università. L’anatomista aveva anche tenuto lezioni per gli scrittori, artisti e musicisti dell’epoca allo scopo di avvicinarli ai misteri del corpo umano.[5] L‘arredamento del salone dei Zuckerkandl fu curato dagli artisti della Wiener Werkstätte e la vivacità culturale che vi regnava fu apprezzata e ammirata anche da artisti internazionali come lo sculture Auguste Rodin che aveva frequentato quell’ambiente.

L’obiettivo del gruppo Jung-Wien era il superamento del Naturalismo nella Letteratura, che abbiamo incontrato nell’analisi delle opere di Zola e Maupassant. Il passaggio dal Naturalismo all’Estetismo fu una tappa essenziale per la letteratura moderna e anche se i letterati Viennesi sono meno noti di Baudelaire, Rimbaud, Mallarmé, Huysmans, Wilde e D’Annunzio, essi diedero un contributo comunque fondamentale per quel che riguarda una specialità viennese dell’epoca: la commistione delle arti. Qui non si può fare a meno di nominare il lavoro di Hugo von Hofmannsthal (1874 – 1929) come librettista di Richard Strauss.

Hugo von Hofmannsthal

Richard Strauss e Hugo von Hofmannsthal
Richard Strauss (a destra) insieme al suo librettista, il poeta Hugo von Hofmannsthal

Hofmannsthal fu un letterato di spicco e il suo modo di procedere nella letteratura ricorda molto Gustav Klimt nelle arti: riusciva a scrivere delle poesie bellissime su Vienna velando completamente il soggetto. Come Klimt mascherava i suoi nudi iniziali con ornamenti artistici, Hofmannsthal coprì le sue fantasie erotiche con immagini e frasi più caste. Le sue liriche sono altamente artificiose però nella loro artificiosità appaiono come la cosa più naturale del mondo.[6] Un’opera esemplare per il male dell’epoca e le sfide dell’uomo moderno fu l’Elektra (Elettra), una tragedia scritta tra il 1901 e il 1903 e successivamente adattata per l’omonima opera di Richard Strauss del 1909.

L’Elettra di Hofmannsthal è radicalmente diversa dalla tragedia di Sofocle. Elettra, segnata dall’atroce assassinio di suo padre da parte di sua madre, vuole solo vendetta. Incapace di rivendicare la morte del padre in prima persona aspetta il fratello Oreste. Quando quest’ultimo rivendica la morte di Agamennone, uccidendo Clitennestra e il suo amante, Elettra è fuori di sé dalla gioia e danza come un’isterica per morire completamente impazzita. Hofmannsthal volle sottolineare l’atrocità della tragedia greca anziché attenuarla. Per la sua crudeltà l’opera reca importanti parallelismi con la Salome di Oscar Wilde.

I rappresentanti dell’estetismo non ritraevano la modernità in maniera naturalistica osservando i vari milieu ma la trasfiguravano poeticamente. Alcuni temi potevano essere comuni a quelli dei naturalisti come per esempio quello della follia o dell’isteria, ma cambiava completamente il modo di rappresentarle. La tragedia di Hofmannsthal deve importanti elementi agli scritti contemporanei sull’isteria di Freud e Breuer. Oltre a ciò il poeta usò il mito classico per far capire ai suoi contemporanei che il progresso e la modernità sono un inganno, una continuazione delle barbarie di altri tempi.[7]

L’opera e soprattutto la gioia sfrenata di Elettra di fronte all’assassinio e il suo odio cieco ovviamente avevano scandalizzato i Viennesi dell’epoca. Le barbarie si sarebbero però avverate con la prima (e successivamente con la seconda) guerra mondiale. Hofmannsthal aveva sempre visto la prima guerra mondiale come fine dell’Europa cosmopolita ancor prima della fine della monarchia. Come scrive anche Magris, di cui abbiamo parlato a proposito dello Švejk di Hašek, ne Il mito asburgico nella letteratura austriaca moderna: “Il tramonto della vecchia Europa ottocentesca sboccò nell’età della violenza, del fascismo e nel nazismo”[8]. Sia Joseph Roth che Hofmannsthal figurano tra quegli scrittori che si erano resi conto che la nuova Europa in preda agli odi razziali era molto peggio del vecchio impero absburgico con tutti i suoi difetti.

Il Jedermann di Hugo von Hofmannsthal sotto la regia di Max Reinhardt
La prima del “Jedermann” del 1920 sotto la regia di Max Reinhardt sulla piazza del duomo di Salisburgo

Prima della sua morte Hofmannsthal scrisse altri importanti libretti per Richard Strauss come il Rosenkavalier (1911) e Ariadne auf Naxos (1912), ma è celebre soprattutto per il Jedermann che dal 1920 va in scena ogni anno al famoso Festival di Salisburgo, fondato appunto da Hofmannsthal, Richard Strauss, Max Reinhardt, un famoso regista teatrale viennese dell’epoca, e la salonniére Berta Zuckerkandl.


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[1] Nel 1910 Oskar Kokoschka dipinse il celebre ritratto di Auguste Forel, un famoso psichiatra svizzero. Il ritratto fu criticato dallo stesso soggetto perché metà corpo appariva come se fosse paralizzata. Più di un anno dopo Forel fu colpito da un ictus vascolare che portò alla paralisi della parte destra del suo corpo.

[2] Cfr. Lettera del censore di corte Dr. Emil Jettel von Ettenach al direttore dell’opera Gustav Mahler del 31. Ottobre 1905 „… abgesehen von mehr textuellen Bedenken kann ich über das Abstoßende des ganzen Sujets nicht hinaus und kann nur wiederholen: Die Darstellung von Vorgängen, die in das Gebiet der Sexualpathologie gehören, eignet sich nicht für unsere Hofbühne.“ Dr. Emil Jettel von Ettenach: Schreiben des Hofzensors an Staatsopern-Direktor Gustav Mahler, 31. Oktober 1905 (citato da Franz Hadamowsky, Alexander Witeschnik (Hg.): Jubiläumsausstellung 100 Jahre Wiener Oper am Ring. Wien 1969, S. 93.)

[3] Es fand nämlich damals, Mai 1906 unter des Komponisten eigener Leitung, in Graz, der Hauptstadt Steiermarks, die österreichische Première der »Salome« statt, zu deren überhaupt erster Aufführung Adrian einige Monate früher mit Kretzschmar nach Dresden gefahren war […]. (Thomas Mann: Doktor Faustus. Das Leben des deutschen Tonsetzers Adrian Leverküh, erzählt von einem Freunde. Frankfurt: Fischer, 2007, p. 224)

[4] […] die im XXII. Kapitel dargestellte Kompositionsart, Zwölf Ton- oder Reihentechnik genannt, in Wahrheit das geistige Eigentum eines zeitgenössischen Komponisten und Theoretikers Arnold Schönbergs, ist […]. Überhaupt sind die musiktheoretischen Teile meines Buches in manchen Einzelheiten der Schönbergschen Harmonielehre verpflichtet. (Mann, Doktor Faustus, Nachwort, p. 740)

[5] Cfr. Eric R. Kandel: The age of insight. The quest to understand the unconscious in art, mind and brain. From Vienna 1900 to the present. New York: Random House Inc., 2012, p. 32

[6] Cfr.: Wolfgang Lange: „Im Zeichen der Dekadenz: Hofmannsthal und die Wiener Moderne“ in: Rolf Grimminger, Jurij Murašov, Jörn Stückrath (Hg.): Literarische Moderne. Europäische Literatur im 19. Und 20. Jahrhundert. Reinbek bei Hamburg: Rowohlt, 1995, p. 207.

[7] Cfr. Lange, Dekadenz, 217

[8] Claudio Magris: Il mito absburgico nella letteratura austriaca moderna. Torino: Einaudi, 1996 [1963], pag. 200

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